Alla fine del 1884 a Campofelice scoppiò la grana delle Guardie Campestri. Per diversi anni erano state stanziate 1800 lire annue nel bilancio comunale per provvedere al loro stipendio. Il compito affidato alle guardie era la sorveglianza del territorio che in quell’epoca era stimato in 2025 ettari. Alcuni consiglieri comunali, tra cui l’Avvocato Pasquale Cipolla, mossero delle aspre critiche all’operato delle guardie, ritenendo che alcuni di loro non disimpegnavano le incombenze, che gli venivano affidate dal Municipio, con dedizione e zelo. Di contro nessun proprietario manteneva il “colono custode” a guardia dei terreni, per cui questi ultimi restavano esposti “ai ladri di campagna”. A Campofelice, nel periodo di interesse del nostro racconto, la proprietà dei terreni era appannaggio di poche persone, praticamente quasi esclusivamente nella disponibilità dei germani Cammarata, del Barone Bernardo Cammarata e del Cavaliere Leoluca Cammarata.

A loro appartenevano i terreni dell’ex feudo di Roccella e Calzata, quindi il resto della popolazione del tempo o aveva la disponibilità di piccoli appezzamenti di terreno o, in gran parte, non possedeva nulla. Fra questi ultimi vi erano “…quelli che non posseggono nemmeno un grammo di terreno, non avendo mezzi per comprarsi un frutto, si fanno lecito di stendere il piede nella proprietà altrui con molta audacia…”. Questa era l’opinione comune fra i pochi associati del “casino dei civili”, una sorta di circolo dei nobili presente a Campofelice in un locale attiguo alla Piazza Garibaldi, dove giornalmente si discuteva del più e del meno, discussioni futili, banali, un po’di sano “curtigghiu“, per intenderci. In quel periodo, oggetto delle discussioni era il ruolo e l’importanza delle guardie campestri comunali. Il possidente Giacomo Ruggieri teneva banco al casino dei civili perché riteneva essenziale il ruolo delle guardie campestri, un altro possidente – il patriota Salvatore Civello – pur riconoscendo l’importanza del ruolo, era convinto, come Cipolla, che bisognava dare una svolta all’istituzione, assumendo nuove persone che avessero anche il titolo di agente della forza pubblica, con tanto di decreto prefettizio. Civello era uno dei proprietari di terreno che più si era distinto in paese, per benevolenza nei confronti delle classi lavoratrici.

Nel casino dei civili la questione del giorno verteva sull’opportunità o meno di tenere in vita il corpo delle guardie campestri, come sempre il paese si divise tra chi voleva, a tutti i costi, mantenerli in vita e chi, e tra questi l’Avvocato Pasquale Cipolla, era per abolirne l’istituzione. I pochi possidenti del paese erano chiaramente per il mantenimento dell’istituzione, per l’evidente beneficio economico che ne derivava loro. Senza le guardie campestri, infatti, i proprietari dei terreni erano costretti ad assumere guardie private, i cosiddetti “campieri” insieme al “colono custode”, che solitamente viveva nella tenuta. I contrari ritenevano le guardie campestri “un’inutile istituzione al servizio di pochi e senza alcun beneficio per l’intera popolazione. Un pomeriggio al casino dei civili si verificò un acceso dibattito sull’argomento, il proprietario Ruggieri, prese parola cercando di zittire Pasqualino Cipolla “… le guardie campestri locali hanno esistito da più anni, il Paese di Campofelice così è stato educato e fino ad una nuova era di totale incivilimento è giogoforza mantenere le guardie campestri…”. L’Avvocato Cipolla, non se ne conosce il motivo, non entrava mai al casino dei civili, le poche volte che si trovava a discutere con qualcuno dei soci, restava sull’uscio, sotto il gradino d’ingresso, quasi a voler mantenere le distanze. In quel covo di reazionari lo consideravano un rivoluzionario, uno che voleva destabilizzare l’ordine delle cose, un anarchico con idee malsane in quella testa calda. “…chissu avi a testa malata…” questa era la frase che proferivano quando Cipolla si congedava educatamente da loro. Pasquale Cipolla considerava il mantenimento in vita del corpo delle guardie campestri, un brutto retaggio del feudalesimo e in effetti a volte l’atteggiamento dei “campieri”

Il Sacerdote Jannè, nonostante la grande amicizia con Cipolla, non riuscì a farlo recedere di un millimetro e l’Avvocato non prese più parte alle sedute consiliari, egli confermò le dimissioni pur non mancando di ringraziare il Sacerdote, ma solo lui. Intanto il 15 di gennaio di quell’anno, il consiglio comunale in seduta di seconda convocazione aveva nominato il Caporale delle Guardie Campestri, la scelta cadde nella persona di Calcedonio Imburgia, in quell’occasione don Peppino Iannè prese la parola, “… con animo lieto vi presento per caporale delle guardie campestri che saranno a nominarsi, il sig. Calcedonio Imburgia, individuo di provata fede e sperimentata onestà, capace di abbracciare una tale carica di guardia campestre, avendo dato prova di sé in tempi difficili, per cui si è dell’avviso che tale nomina incontrerà la simpatia di tutti gli abitanti e di tutta l’autorità di P.S…”. Imburgia Calcedonio fu Lorenzo, venne nominato caporale delle guardie campestri comunali, con uno stipendio annuo di lire 700, nella stessa giornata la giunta comunale, presieduta dallo stacanovista sacerdote, nominava altre due guardie campestri nelle persone di Imburgia Giuseppe e Cascio Pasquale. Per quest’ultimo sorse un dubbio, che lo stesso non avesse sottoscritto di proprio pugno la domanda per essere assunto. Don Peppino Jannè mandò subito a chiamare il Cascio, che si precipitò al Comune, allo stesso, davanti ad un gruppo di “chiazzaroli“ (cittadini curiosi abituali frequentatori della Piazza), fu sottoposto dal Parroco un foglio in bianco, pregandolo di apporvi nome e cognome. Pasquale Cascio in un baleno autografò quel foglio, l’esame fu superato a pieni voti, non vi era più dubbio alcuno sulla autenticità della firma, la nomina era salva…e anche l’onore.
Finisce così quest’altro piccolo racconto, altro tassello della nostra storia, corre l’obbligo di ringraziare l’amico Toni Graci, grazie a lui ho potuto in questi giorni incontrare una longeva coppia di Campofelicesi i coniugi Benedetto D’Anna e Nunziatina Iannè, diretta discendente dei germani Anonino e Giuseppe Iannè, il Sindaco/Sacerdote. L’incontro è stato eccezionale, il luogotenente a riposo dei Carabinieri, Benedetto Iannè, il prossimo ottobre compirà 100 anni, la sua lucidità e la sua grinta mi hanno positivamente sorpreso, un grande servitore dello stato orgoglioso di essere, per lunghi anni, appartenuto alla benemerita Arma dei Carabinieri. Nunziatina Iannè,